Gabriel Garcia Marquez: un modo per aprire cuore e mente

Un bene molto grande per tutta la letteratura mondiale poter leggere “Cent’anni di solitudine” di Gabriel Garcia Marquez: esso è la migliore condizione possibile per restare disorientati e poi, con l’avanzare degli eventi, conquistati, con felicità, dal fascino delle storie narrate.

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Scoprire l’amore o la morte, dolore o piacere fanno incontrare un grande uomo-narratore, un maestro a cui affidarsi. Cosi quando nel 2002 comperai “Vivere per raccontarla” e lo divorai, una frase mi fulminò –ti offro la mia vita in questo libro– e mi si aprì il cuore, come sempre con lui.

Così ne presi un’altra copia e la regalai, per quel Natale, a un giovane che si affacciava alla vita e io non avrei potuto spiegargliela meglio di come lo avrebbe fatto Gabo in quelle pagine. Io avevo, a quei tempi, la responsabilità di parlargli di cose della vita che a me non aveva insegnato nessuno; io le avevo imparate strada facendo, sbagliando spesso. Ecco, chiesi aiuto a quell’uomo col sorriso ed ebbi risposta.

Quel ragazzo avrebbe trovato molto della vita come l’intendevo, della famiglia con tutti i travagli possibili, pure la descrizione di postriboli o scene cruenti e di morti, tutto raccontato con sublime serena spontaneità. Mi procurai dieci pezzi da 5 euro nuovi e li intercalai con cura tra le 535 pagine. Poi scrissi la dedica: “Caro Nicolò, ricambia il regalo, leggiti questo libro, pagina dopo pagina ti accorgerai di avere qualcosa in più. Buon Natale, Antonio!

p.s. leggilo tutto prima di passarlo ad altri”.

Questo breve omaggio a “Gabo” è firmato da Antonio Quagliarella, provetto biografo e amico de “Il mestiere di Scrivere”

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