Quando passo giorni, mesi, anni scrivendo lentamente le mie parole su un foglio bianco, seduto al tavolo, sento di costruire un nuovo mondo, una nuova persona dentro di me, proprio come coloro che costruiscono un ponte o una cupola pietra su pietra.
Lo scrittore turco Orhan Pamuk, Premio Nobel per la Letteratura nel 2006
Le pietre di noi scrittori sono le parole. Le tocchiamo, sentiamo il rapporto che hanno tra di loro, qualche volta le guardiamo da lontano, qualche volta le accarezziamo con le dita o con la punta della penna, le pesiamo, le sistemiamo e così per anni, con determinazione, pazienza e speranza costruiamo nuovi mondi.
Secondo me il segreto dello scrittore non sta nell’ispirazione, che arriva da fonti ignote, ma nella sua ostinazione e nella sua pazienza. «Scavare un pozzo con un ago» è un bel modo di dire turco che descrive il lavoro dello scrittore.
Penso che uno scrittore, seduto a un tavolo, debba pazientemente dedicare molti anni della sua esistenza a questo mestiere, a quest’arte e trarne sufficiente fiducia per poter raccontare la propria vita come fosse la vita di un altro e sentire dentro di sé la forza del racconto. La musa, che ispira alcuni scrittori e ne evita altri, ama questa sicurezza e questa fiducia: nel momento in cui questo scrittore si sente terribilmente solo e inizia a nutrire dubbi sul suo lavoro, sul valore della sua immaginazione e dei suoi scritti – in altre parole quando pensa che la storia che sta scrivendo resterà una storia soltanto sua – la musa offre quelle fantasie, quelle immagini e quei racconti che evocheranno il mondo che lo scrittore vuole costruire. Se ripenso ai libri a cui ho dedicato tutta la mia vita provo un sentimento sconvolgente: mi sembra di non aver scritto con le mie mani le frasi, i sogni, le pagine che mi hanno dato una grande felicità, ma di averlo fatto grazie a una forza generosa e sconosciuta.
Lavoriamo con pazienza e speriamo di riuscire a creare un mondo attraverso la scrittura. Ma il desiderio di chiuderci in una stanza, in una stanza piena di libri, che ci spinge all’azione.
Lo scrittore che si chiude in una stanza con i suoi libri e intraprende un viaggio dentro se stesso scoprirà anche la norma indispensabile della grande letteratura: l’abilità di raccontare la propria storia come se fosse la storia di un altro e la storia di un altro come fosse la propria.
Orhan Pamuk, Premio Nobel della Letteratura nel 2006, scrive un piccolo saggio dal titolo “La valigia di mio padre”, del quale abbiamo fornito questo breve estratto. Lo scrittore turco evoca l’immagina della solitudine operosa che scuote il mondo, ne estrae un’immagine che riversa in parole e conduce i lettori fin dentro la propria vita.
Che bello..