Interviste agli autori – Federica Lauto: tra interiorità e sociale

La scrittura di Federica Lauto si situa tra la ricerca interiore e psicologica e i temi della socialità e dell’integrazione. Tale sensibilità l’ha portata a una scrittura “femminile”, intesa come ricerca espressiva e sensiblità tematica, e ad un impegno in prima persona: oggi è Assessore Comunale alle Pari Opportunità, alla Famiglia, e al Personale della città di Grado. Le abbiamo rivolto alcune domande sul suo modo di intendere la scrittura e sul suo percorso editoriale.

Quando hai incominciato a scrivere? La spinta a scrivere è nata sotto qualche influenza (una persona o un avvenimento?)? Di che genere?

Ho cominciato a scrivere prima di saper scrivere. Quando andavo all’asilo, infatti, ero molto infastidita dal fatto di non saper né leggere né scrivere, e ansiosa di imparare. Mia madre, però, non voleva insegnarmi perché diceva che il momento giusto per apprendere la scrittura era la prima elementare. Così, io scrivevo e riscrivevo su vecchie agende il mio nome, unica cosa che sapevo, da destra a sinistra perché sono mancina, oppure l’alfabeto.

Ho iniziato a scrivere racconti quando è iniziata l’epoca dei temi scolastici. Mi piaceva così tanto farli che a volte me ne inventavo qualcuno a casa. E poi ho iniziato prestissimo a tenere dei diari. Ma non ricordo il momento esatto in cui questo è cominciato.

Quindi non saprei dire da chi sia nata la spinta a scrivere se non dai libri stessi, che mi hanno sempre affascinata al punto che quando non sapevo leggere, prendevo i libri di mia madre e mi inventavo storie fingendo di leggerle.

Quali sono le tue abitudini di scrittura? Sei disciplinata, organizzata, oppure segui di più il flusso creativo? Credi nel concetto di “ispirazione”? Come lo definiresti?

Le mie abitudini di scrittura sono disordinate. In certi periodi cerco di essere disciplinata ma poi spesso mi prende lo sconforto e mi fa schifo tutto quello che ho scritto. Il vero problema per me è scegliere fra le varie idee o fra i vari bivii all’interno di una storia. È una vera tortura. Per questo vado bene coi racconti. Li scrivo impulsivamente e molto velocemente. Poi aspetto un po’ e li rivedo e li limo. Per il romanzo è più difficile. Dato che è quello il genere che leggo di più è anche quello che vorrei scrivere, ma poiché odio schemi e scalette sto ancora cercando un metodo che mi appartenga.

Per mantenermi in allenamento tengo un diario ogni giorno e annoto su un taccuino sia i pensieri che mi vengono sia le frasi che mi piacciono di più dei libri che leggo. A volte mi esercito con la scrittura a tempo. Quando inizio a scrivere faccio fatica a fermarmi quindi direi che seguo di più il flusso creativo che uno schema però vorrei tanto impararne uno per orientarmi. Di solito, lascio che un’idea maturi nella mente e poi quando si è formata scrivo. Il problema è che spesso sono impaziente, inizio a scrivere quando l’idea non è ancora pronta e poi mi fermo e mi scervello su come andare avanti. Credo sia perché non mi do il tempo. In effetti mi dà molto fastidio che non venga tutto e subito.

Credo nel concetto di ispirazione che definirei come “l’essere fulminati da un’idea” ma penso che poi l’ispirazione debba anche essere coltivata, per esempio con letture stimolanti e un po’ di relax, e abbinata alla tecnica.

Qual è il tuo ultimo lavoro e a che cosa stai lavorando?

Il mio ultimo lavoro pubblicato è stato un libro dal titolo “Il leone col gomitolo. Fra le righe di un incontro” nato all’interno di un progetto multiculturale finanziato dalla Fondazione Cariparo. Il libro, in un cofanetto con due volumi, il mio e quello di un illustratore, racconta l’esperienza di un laboratorio teatrale condotto con ragazzi immigrati dai 14 ai 18 anni. Parla del difficile incontro tra i conduttori e gli attori, laddove gli attori erano ragazzi spaesati che non avevano neppure la padronanza della lingua per potersi esprimere. Il tutto narrato da una ragazza che, ferma nel suo angolo, tace e osserva. Nella seconda parte il libro narra, invece, la storia di uno di questi ragazzi, che ha chiesto di poter raccontare alla ragazza come è arrivato fin qui e le sue speranze e paure rispetto al futuro.

Ho scritto poi alcuni racconti e alcune poesie inedite. Adesso sto lavorando a un romanzo storico e alla storia di una ragazza che torna nella sua città natale e non sa cosa fare della propria vita. Ma non ho ancora deciso a quale dei due dedicarmi.

Verso quale scrittore o scrittrice ti senti più debitrice?

Mi sento in debito verso Calvino di cui mi stupisce e commuove la precisione unita alla densità di contenuti. Ho amato smodatamente Marguerite Duras, che mi ha insegnato a essere concisa, perciò sono in debito pure con lei. E, anche se molti non la considerano grande letteratura, mi ha dato molto Banana Yoshimoto, per la poeticità che mette in storie che spesso, a ben guardare, hanno contenuti truci. Ma grazie alla sua leggerezza non si nota per niente. Ai suoi personaggi possono capitare le cose più terribili ma non smettono mai di stupirsi per la bellezza di un fiore o di una stagione che sorge.

Infine, Virginia Woolf resta un pozzo di ispirazione. A lei si può sempre tornare. I suoi insegnamenti sono senza fondo.

Mi danno fastidio, invece, i russi e mi sta antipaticissimo Tolstoj da quando ho letto i diari di sua moglie. Neanche io e gli americani abbiamo un buon feeling. Trovo che abbiano un linguaggio troppo poco poetico.

Il Mestiere di Scrivere” si occupa da 10 anni di scrittura creativa e dei   modi   per   imparare   la   tecnica   di   base.   Secondo te si può insegnare a scrivere? Quale è stata la tua “scuola” in tal senso?

Sono convinta che si possa insegnare a scrivere e anche imparare ma i corsi a volte servono e a volte no. Probabilmente servono solo a chi dentro di sé ha una motivazione di ferro, la capacità di scrivere con l’anima o una grande fortuna.

La mia scuola comunque, sono stati i libri. Ho fatto vari corsi e continuo a farne, e quelli che preferisco sono quelli teorici che parlano degli scrittori e analizzano i vari romanzi. Ecco, forse è proprio da loro che si può imparare di più: dai grandi scrittori e dai libri più amati.

Quando hai incominciato a scrivere? La spinta a scrivere è nata sotto qualche influenza (una persona o un avvenimento?)? Di che genere?

Ho cominciato a scrivere prima di saper scrivere. Quando andavo all’asilo, infatti, ero molto infastidita dal fatto di non saper né leggere né scrivere, e ansiosa di imparare. Mia madre, però, non voleva insegnarmi perché diceva che il momento giusto per apprendere la scrittura era la prima elementare. Così, io scrivevo e riscrivevo su vecchie agende il mio nome, unica cosa che sapevo, da destra a sinistra perché sono mancina, oppure l’alfabeto.

Ho iniziato a scrivere racconti quando è iniziata l’epoca dei temi scolastici. Mi piaceva così tanto farli che a volte me ne inventavo qualcuno a casa. E poi ho iniziato prestissimo a tenere dei diari. Ma non ricordo il momento esatto in cui questo è cominciato.

Quindi non saprei dire da chi sia nata la spinta a scrivere se non dai libri stessi, che mi hanno sempre affascinata al punto che quando non sapevo leggere, prendevo i libri di mia madre e mi inventavo storie fingendo di leggerle.

Quali sono le tue abitudini di scrittura? Sei disciplinata, organizzata, oppure segui di più il flusso creativo? Credi nel concetto di “ispirazione”? Come lo definiresti?

Le mie abitudini di scrittura sono disordinate. In certi periodi cerco di essere disciplinata ma poi spesso mi prende lo sconforto e mi fa schifo tutto quello che ho scritto. Il vero problema per me è scegliere fra le varie idee o fra i vari bivii all’interno di una storia. È una vera tortura. Per questo vado bene coi racconti. Li scrivo impulsivamente e molto velocemente. Poi aspetto un po’ e li rivedo e li limo. Per il romanzo è più difficile. Dato che è quello il genere che leggo di più è anche quello che vorrei scrivere, ma poiché odio schemi e scalette sto ancora cercando un metodo che mi appartenga.

Per mantenermi in allenamento tengo un diario ogni giorno e annoto su un taccuino sia i pensieri che mi vengono sia le frasi che mi piacciono di più dei libri che leggo. A volte mi esercito con la scrittura a tempo. Quando inizio a scrivere faccio fatica a fermarmi quindi direi che seguo di più il flusso creativo che uno schema però vorrei tanto impararne uno per orientarmi. Di solito, lascio che un’idea maturi nella mente e poi quando si è formata scrivo. Il problema è che spesso sono impaziente, inizio a scrivere quando l’idea non è ancora pronta e poi mi fermo e mi scervello su come andare avanti. Credo sia perché non mi do il tempo. In effetti mi dà molto fastidio che non venga tutto e subito.

Credo nel concetto di ispirazione che definirei come “l’essere fulminati da un’idea” ma penso che poi l’ispirazione debba anche essere coltivata, per esempio con letture stimolanti e un po’ di relax, e abbinata alla tecnica.

Qual è il tuo ultimo lavoro e a che cosa stai lavorando?

Il mio ultimo lavoro pubblicato è stato un libro dal titolo “Il leone col gomitolo. Fra le righe di un incontro” nato all’interno di un progetto multiculturale finanziato dalla Fondazione Cariparo. Il libro, in un cofanetto con due volumi, il mio e quello di un illustratore, racconta l’esperienza di un laboratorio teatrale condotto con ragazzi immigrati dai 14 ai 18 anni. Parla del difficile incontro tra i conduttori e gli attori, laddove gli attori erano ragazzi spaesati che non avevano neppure la padronanza della lingua per potersi esprimere. Il tutto narrato da una ragazza che, ferma nel suo angolo, tace e osserva. Nella seconda parte il libro narra, invece, la storia di uno di questi ragazzi, che ha chiesto di poter raccontare alla ragazza come è arrivato fin qui e le sue speranze e paure rispetto al futuro.

Ho scritto poi alcuni racconti e alcune poesie inedite. Adesso sto lavorando a un romanzo storico e alla storia di una ragazza che torna nella sua città natale e non sa cosa fare della propria vita. Ma non ho ancora deciso a quale dei due dedicarmi.

Verso quale scrittore o scrittrice ti senti più debitrice?

Mi sento in debito verso Calvino di cui mi stupisce e commuove la precisione unita alla densità di contenuti. Ho amato smodatamente Marguerite Duras, che mi ha insegnato a essere concisa, perciò sono in debito pure con lei. E, anche se molti non la considerano grande letteratura, mi ha dato molto Banana Yoshimoto, per la poeticità che mette in storie che spesso, a ben guardare, hanno contenuti truci. Ma grazie alla sua leggerezza non si nota per niente. Ai suoi personaggi possono capitare le cose più terribili ma non smettono mai di stupirsi per la bellezza di un fiore o di una stagione che sorge.

Infine, Virginia Woolf resta un pozzo di ispirazione. A lei si può sempre tornare. I suoi insegnamenti sono senza fondo.

Mi danno fastidio, invece, i russi e mi sta antipaticissimo Tolstoj da quando ho letto i diari di sua moglie. Neanche io e gli americani abbiamo un buon feeling. Trovo che abbiano un linguaggio troppo poco poetico.

Il Mestiere di Scrivere” si occupa da 10 anni di scrittura creativa e dei   modi   per   imparare   la   tecnica   di   base.   Secondo te si può insegnare a scrivere? Quale è stata la tua “scuola” in tal senso?

Sono convinta che si possa insegnare a scrivere e anche imparare ma i corsi a volte servono e a volte no. Probabilmente servono solo a chi dentro di sé ha una motivazione di ferro, la capacità di scrivere con l’anima o una grande fortuna.

La mia scuola comunque, sono stati i libri. Ho fatto vari corsi e continuo a farne, e quelli che preferisco sono quelli teorici che parlano degli scrittori e analizzano i vari romanzi. Ecco, forse è proprio da loro che si può imparare di più: dai grandi scrittori e dai libri più amati.

https://www.ac2.eu/ac2-clienti/federica-lauto/

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