Scrivere un romanzo secondo Murakami Haruki

Un libro inaspettato questo di Murakami Haruki, non soltanto perché è libro di uno dei maggiori scrittori contemporanei sulla scrittura, con tutto ciò che significa parlare del proprio lavoro, divulgarlo, esprimere dei concetti che siano validi per tutti (cosa difficilissima in ambito artistico o artigianale); ma perché è un libro molto chiaro e onesto, scritto non per stupire ma per spiegare alcune cose molto semplici, che sono proprio i fondamenti del mestiere. Il maestro del postmoderno giapponese questa volta non si nasconde, ma svela e dichiara apertamente la sua pazienza artigianale e l’atto lento della scrittura come quel fondamentale processo di rielaborazione della realtà.

«A mio parere scrivere romanzi non è un’attività consona a un’intelligenza superiore. Chi è dotato di un intelletto sopraffino, o ha conoscenze molto superiori alla media, non dovrebbe scrivere romanzi, l’ho sempre pensato. Perché scrivere un romanzo – narrare insomma – è un atto lento, un atto che si compie a marcia ridotta. Qualcosa a metà strada la tra la pedalata e la camminata. Ci sono persone la cui mente si muove fondamentalmente a questo ritmo, altre no.

Di solito i romanzieri trasformano in narrazione e cercano di esprimere ciò che hanno nella propria coscienza. Lo fanno servendosi del “dislivello” tra la forma originaria e quella nuova che si va creando, del suo “dinamismo”, come di una leva. Questo è un lavoro complesso che richiede tempo e fatica».

Qui Murakami rivendica in maniera molto chiara il “tempo lento” della scrittura come quel ritmo narrativo (quasi in antitesi con quello televisivo e cinematografico), tipico del romanzo, dove gli elementi della caratterizzazione, dell’analisi e dell’approfondimento prendono il sopravvento sul dinamismo inteso come velocità e quindi superficialità narrativa. Il tempo del romanzo è per Murakami un tempo diverso che solo un autore possiede e che per ogni storia che racconta è sempre un tempo diverso.

E ancora:

«Te ne stai chiuso in una stanza ad arrovellarti su ogni frase – forse è meglio così, anzi no, forse è meglio in quest’altro modo – , a porti domande seduto alla scrivania, e dopo aver passato un’intera giornata a perfezionare una riga, non c’è nessuno che sia lì ad applaudire.

Al mondo ci sono persone che impiegano magari un anno a costruire minuziosamente, con lunghe pinze, una nave dentro una bottiglia. Io non ho una buona manualità e non sarei capace di un’operazione tanto complicata, ma scrivere un romanzo è forse qualcosa che ci somiglia.

Scrivere un romanzo, anche un romanzo bellissimo, non è difficile. Non si può dire che sia una passeggiata, ma non è impossibile. Ma è necessario avere qualcosa di particolare. Qualcosa che non ha relazione con il “talento”».

Murakami ci fa capire, nel corso del suo saggio, che questo qualcosa ha invece a che fare con l’ostinazione di un punto di vista: un modo paziente e costante attraverso il quale osservare la realtà e riproporla, senza perdere mai la continuità ogni giorno di questo punto di vista, arricchendolo e definendolo sempre meglio.

Con questo atteggiamento molto pratico e privo di fronzoli, il grande scrittore giapponese ci fa conoscere i segreti della sua officina creativa in 186 pagine piene di spunti di riflessione per chi vuole conoscere meglio questo mondo, e di idee per chi vuole scrivere. Questo libro non è un manuale di scrittura ma un modo onesto di conoscere il vero volto del “mestiere di scrivere”.

Murakami Haruki, “Il mestiere dello scrittore”.
Einaudi Editore, Torino, 2017.
Traduzione di Antonietta Pastore

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