Raymond Carver: scrivere è riscrivere

«Mi piace pasticciare con i miei racconti. Preferisco armeggiare attorno a un racconto dopo averlo scritto e poi armeggiarci di nuovo in seguito, cambiando una cosa qui e una cosa lì, piuttosto che scriverlo la prima volta.

La stesura iniziale mi sembra la parte difficile da superare per poi andare avanti e divertirmi con il racconto.  La revisione per me non è un obbligo sgradito – anzi, è una cosa che mi piace fare. Forse sono per natura più riflessivo e attento che spontaneo, e qui sta forse il motivo di questa predilezione. Ma magari no, non c’è alcun legame tra le due cose tranne quello che vi immagino io.

Carver al tavolo da lavoro

So solo che rivedere e correggere l’opera dopo averla scritta è una cosa che mi viene naturale e in cui provo un grande piacere. Può darsi che io corregga perché così facendo mi avvicino pian piano al cuore dell’argomento del racconto. Sento di dover continuamente tentare di scoprirlo. È un processo, non una posizione stabile.

Philip Roth revisiona un suo dattiloscritto

Un tempo pensavo che arrancare a fatica in questo modo fosse un difetto della mia personalità. Adesso non la penso più così. Frank O’Connor diceva che anche lui rivedeva e correggeva sempre i suoi racconti (e questo, si badi bene, dopo averli fatti passare per venti o trenta riscritture) e che un giorno o l’altro gli sarebbe piaciuto pubblicare un libro riveduto e corretto delle sue revisioni […]».

Da “On Rewriting”.

 

Unità didattica: Scrivere un racconto (Corsi di scrittura creativa)

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