La linea del tempo dei romanzi è una fondamentale scelta di stile che condiziona tutta la forma narrativa della storia che si sta raccontando. La maggior parte dei romanzi è scritta in tempo passato. Ma il tempo presente sta diventando popolare negli ultimi anni, anche se si tratta di una forma narrativa molto complessa.
Quando leggete un romanzo scritto in tempo passato, si da per implicito il fatto che qualcuno – sia esso il narratore in prima persona, il personaggio scritto in terza persona limitata o l’autore onnisciente – stia guardando indietro a tutto quello che ha vissuto. Inoltre, nella maggior parte dei romanzi, non sapete mai dove quella persona si trovi adesso.
Perciò il romanzo tipo, che rimane in tempo passato per tutto il corso della storia, assume una prospettiva ‘eterna’ sui fatti narrati. Come accade, per esempio, ne “L’uomo che guardava passare i treni” di Georges Simenon:
“Per quel che riguarda personalmente Kees Popinga, si deve convenire che alle otto di sera c’era ancora tempo, perché a ogni buon conto il suo destino non era segnato. Ma tempo per che cosa? E poteva lui agire diversamente da come avrebbe poi agito, persuaso com’era che i suoi gesti non fossero più importanti di quelli di mille altri giorni del suo passato?
Avrebbe scrollato le spalle se gli avessero detto che la sua vita sarebbe cambiata di punto in bianco, e che quella fotografia sulla credenza, che lo ritraeva in piedi fra i familiari, una mano distrattamente poggiata sulla spalliera di una sedia, sarebbe stata riprodotta da tutti i giornali d’Europa.
Se insomma, avesse cercato in se stesso, in tutta coscienza, qualcosa che lo predisponesse a un burrascoso avvenire, sicuramente non avrebbe pensato a quella certa emozione furtiva, quasi vergognosa, che lo turbava vedendo passare un treno, un treno della notte soprattutto, dalle tendine calate sul mistero dei viaggiatori”.
Rispondi