«La critica letteraria dovrebbe scaturire da un debito di amore. In modi evidenti e tuttavia misteriosi una poesia o un dramma o un romanzo afferrano la nostra immaginazione. Nel momento in cui deponiamo un libro non siamo più quelli che eravamo prima di leggerlo. Per usare un’immagine rubata a un’altra regione: chi ha davvero assimilato un dipinto di Cézanne non potrà più guardare una mela, o una sedia, come li guardava prima. Le grandi opere d’arte ci attraversano come venti di tempesta, spalancando le porte delle nostre percezioni e investendo l’architettura delle nostre convinzioni con la loro potenza trasformatrice. Noi cerchiamo di registrare il loro urto e di riorganizzare la nostra casa sconquassata secondo il nuovo ordine. E, spinti da un qualche primario istinto di comunione, cerchiamo di comunicare agli altri la qualità e la forza della nostra esperienza. Vorremmo convincerli ad aprirsi ad essa. E’ da questo sforzo che nascono le intuizioni più vere della critica.

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