Erri De Luca: lettere a nessuno

Non è facile spiegare come si fa a scrivere, nessuno lo ha spiegate a me, per semplice ragione che sono sempre stato un autodidatta. Ho fatto molti anni nei cantieri, ho lavorato come operaio cominciando come manovale. Sono arrivato a fare il muratore, questa è la carriera in diciotto anni di quella vita, e nessuno mi insegnava niente. Nei cantieri non c’è qualcuno che ti dice come si fa, si guarda come fanno gli altri e piano piano impari. Da noi si dice «rubare con gli occhi».

Impari il mestiere prendendolo dagli altri, guardi come fanno. E così è stato per lo scrivere. Chi scrive cerca, con la propria scrittura, di raccontare una storia, prima di tutto a se stessi. Poi queste storie possono diventare addirittura dei libri. Per me i libri sono lettere a nessuno, non so a chi le ho scritte, a chi le spedisco, so che stanno al fermo posta di una libreria e qualcuno passa di lì, cerca proprio quella casella in mezzo agli scaffali, sceglie nella posta la lettera che è stata scritta per lui, e comincia a leggere. Questo è quello che io cerco almeno nei libri quando li apro, il pezzetto che è stato scritto per me. Uno scarto, un brusco scarto di intelligenza e sensibilità che mi spiega qualcosa di me. Cosa che suppongo possedevo già sotto la pelle, ma che non sapevo dire, che non riuscivo a mettere a fuoco.

Quindi i libri sono questo per me. Lettere spedite a un fermo posta con la possibilità di avere fortuna, di incontrare una persona che legge con ricevuta di ritorno. Qualcuno mi dica: «Sì, ho letto quella pagina», oppure «mi è rimasto impresso quel racconto o quella frase». Alla fine è rimasto solamente un brandello dell’insieme, ma quel brandello conta. Non conta il resto, che è andato inghiottito, ma quel brandello che rende amici lo spedizioniere cieco e il lettore.

Erri De Luca, da “Come scrivere”, Guida per aspiranti scrittori, Dalai Editore

Una risposta a "Erri De Luca: lettere a nessuno"

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  1. Be’ intanto su una tua parola io ho persino pianto! Sì perchè sono anch’io ‘napolide’ e l’aver trovato la parola e la storia che me lo riconoscesse, aver trovato il nome ad un male profondo che mi divorava, aver trovato un ‘fratello’ in questo male per me è stato un evento, anche se non ci siamo mai visti!
    Grazie Erri de Luca!

    Quanto poi alla scrittura…sì anch’io quando scrivo ho necessità di immaginarmi un interlocutore…ho la sensazione che la scrittura non possa essere altro che un dialogo, sia pure a distanza e tra sconosciuti… Anna maria

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