«È in ogni uomo di attendersi che forse la parola, una parola, possa trasformare la sostanza di una cosa. Ed è nello scrittore di crederlo con assiduità e fermezza. È ormai nel nostro mestiere, nel nostro compito. È fede in una magia: che un aggettivo possa giungere dove non giunse, cercando la verità, la ragione; o che un avverbio possa recuperare il segreto che si è sottratto ad ogni indagine ».

«Io non ho mai aspirato ai libri; aspiro “al” libro; scrivo perché credo in “una” verità da dire; e se torno a scrivere non è perché mi accorgo di altre verità che si possono aggiungere, e dire in più, dire inoltre, ma perché qualcosa che continua a mutare nella verità mi sembra esigere che non si smetta mai di ricominciare a dirla.
Possiamo anche mentire. Ma non possiamo mai scegliere tra scrivere e non scrivere. C’è su di noi un impegno che non ce lo consente. Ci viene da tutti gli uomini, impegno che rende terribile la nostra vocazione, ed è questo che noi si esercita con ogni libro nel ricominciare a dire la verità proprio con ogni libro, con ogni scritto, ripeterla ogni giorno non in qualche altra sua consistenza ma in qualche altro suo aspetto che la varia, che la rinnova, e nel ripeterla darla ogni volta (o tentare di darla) tutta intera, ogni volta (per il minimo che ne cambia) in una nuova figura, come se non potesse esservi al mondo che un libro solo. C’è una questione di vita o di morte nel giro del nostro mestiere. Si tratta di non lasciare che la verità appaia morta.
Quello che non deve mai venir meno è il nostro sforzo di intrattenerla, comunque, tra noi uomini. E anche l’errore può essere questo sforzo. Anche l’abiura e l’apostasia. Ma se mancasse, per un tempo, questo nostro sforzo, noi avremmo perduto ogni bisogno di averla. L’avremmo vista com’è da morta sulla faccia dei nostri ultimi antenati; e non vederne che questo, il caduto, il finito, senza poter sentire insieme com’è in noi la sua vita ci renderebbe annoiati di essa, e indifferenti ad averla ancora, a cercarla ancora».
Elio Vittorini, Prefazione al “Garofano rosso”, Mondadori, 1948.
Tratto dall’unità didattica: il tema di una storia (Corsi di scrittura creativa online)
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