Ecco come Fëdor Michajlovič Dostoevskij, in una celebre lettera, descrive l’idea tematica de “L’idiota” e presenta il personaggio centrale della vicenda, il principe Myškin, una delle figure più straordinarie del romanzo ottocentesco.
«E così io, tre settimane fa, mi sono messo a scrivere un nuovo romanzo e ci lavoro giorno e notte. L’idea del romanzo è una mia antica e prediletta idea, ma è talmente difficile che per un pezzo non me la sono sentita di affrontarla, e se mi ci sono risolto adesso ciò è dovuto senz’altro al fatto che mi sono trovato in una situazione quasi disperata.
L’idea principale del romanzo è quella di rappresentare una natura umana pienamente bella. Non c’è niente di più difficile al mondo, e specialmente oggi. Tutti gli scrittori, non soltanto russi, ma anche tutti gli europei, che si sono accinti alla rappresentazione di un carattere bello e allo stesso tempo positivo, hanno sempre dovuto rinunciare. Giacché si tratta di un compito smisurato. Il bello è un ideale, e l’ideale – sia il nostro sia quello dell’Europa civilizzata – è ben lontano dall’essere stato elaborato.
Al mondo c’è stato soltanto un personaggio bello e positivo, Cristo, tantoché l’apparizione di questo personaggio smisuratamente, incommensurabilmente bello costituisce naturalmente un miracolo senza fine. (Tutto il Vangelo di Giovanni è concepito in questo senso: egli trova tutto il miracolo nella sola incarnazione, nella sola apparizione del bello.) Ma mi sono spinto troppo lontano. Dirò soltanto che tra tutti i personaggi umanamente belli della letteratura cristiana il più completo e perfetto è Don Chisciotte. Ma Don Chisciotte è bello unicamente perché è allo stesso tempo ridicolo. Il Pickwick di Dickens è anche lui ridicolo, e appunto per questo ci conquista.
Nel lettore si determina un sentimento di compassione nei confronti del personaggio umanamente bello che viene deriso e che non è cosciente del proprio valore, e con ciò stesso viene provocato un sentimento di simpatia verso di lui. Anche Jean Valejean (protagonista de “I miserabili” di Victor Hugo) rappresenta un possente tentativo, ma egli ridesta la simpatia del lettore grazie alla sua sventura e all’ingiustizia che gli viene fatta dalla società. Nel mio romanzo non c’è nulla del genere, nulla assolutamente, e proprio per questo ho paura che sarà un completo insuccesso. Alcuni particolari, forse, mi riusciranno bene. Ho paura che risulterà noioso.
Si tratta di un romanzo lungo. La prima parte l’ho scritta in ventitré giorni, e l’ho inviata qualche giorno fa. Sarà decisamente povera di efficacia. Naturalmente si tratta soltanto di un’introduzione, e ciò che c’è di buono è che nulla ancora è stato compromesso; ma quasi nulla ancora è stato chiarito, nulla vi è stato solidamente impiantato.
Il mio unico desiderio è che essa riesca almeno a destare una certa curiosità nel lettore in modo che egli sia indotto ad affrontare la lettura della seconda parte. Quanto a questa seconda parte, che comincerò a scrivere oggi, la finirò in un mese (del resto ho sempre lavorato in questo modo in vita mia). Mi sembra che sarà più solida ed essenziale della prima. Mi auguri, carissima amica mia, almeno un po’ di successo! Il romanzo di intitola ‘L’idiota’».
Lettera a Sofja Aleksandrovna Ivanova, Ginevra, gennaio 1868
Dall’unità didattica: la premessa tematica (Corsi di Scrittura Creativa).
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