“Tutti i romanzi di tutti i tempi indagano l’enigma dell’io. Dal momento in cui si crea un essere immaginario, un personaggio, ci si trova automaticamente di fronte alla domanda: che cos’è l’io? In che modo lo si può cogliere? È una delle domande fondamentali sulle quali è fondato il romanzo in quanto tale. Dalle diverse risposte a questa domanda, se proprio si vuole, si potrebbero distinguere diverse tendenze e, forse, diversi periodi nella storia del romanzo. L’approccio psicologico, i primi narratori europei non sanno nemmeno cos’è. Boccaccio ci racconta semplicemente delle azioni e delle avventure. Eppure, dietro a tutte quelle storie divertenti, si avverte una certezza: attraverso l’azione l’uomo esce dall’universo ripetitivo del quotidiano dove tutti assomigliano a tutti, grazie all’azione egli si distingue dagli altri e diventa individuo.
Come ha detto Dante: “In ogni azione, l’intenzione prima di colui che agisce è di rivelare la propria immagine”. In principio, l’azione è vista come l’autoritratto di colui che agisce.
L’uomo vuole, attraverso l’azione, rivelare la propria immagine, ma quest’immagine non gli assomiglia. Il carattere paradossale dell’azione è una delle grandi scoperte del romanzo”.
Da “L’arte del romanzo” di Milan Kundera, Adelphi, Milano.
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