“Non feci altro che pensarci per tutto il giorno. Ero ossessionato dalla sua nudità bruna e dal suo bacio, dal sapore della sua bocca quando era uscita dall’acqua, e poi vedevo me, bianco e verginale, che trattenevo il respiro per far rientrare lo stomaco e mi coprivo i lombi con le mani.
Passai ore intere a camminare avanti e indietro nella stanza. Alla fine del pomeriggio ero esausto e la mia immagine riflessa nello specchio mi riuscì intollerabile. Mi sedetti alla macchina da scrivere e riversai sulla carta tutto quello che sarebbe dovuto accadere, pestando sui tasti con una tale violenza che la mia piccola portatile prese a spostarsi lateralmente, allontanandosi sempre di più da me.
La descrissi come una tigre, che io avevo inchiodato a terra e sopraffatto con la mia forza invincibile. Nel finale, lei mi inseguiva carponi, piangendo e implorando pietà. Mi parve eccellente. Ma quando rilessi quello che avevo scritto rimasi molto deluso: non era che un cumulo di banalità. Strappai il tutto e lo gettai via”.
John Fante, “Chiedi alla polvere”
Le banalità sono scorie dell’ anima senza le quali non potremmo mai accorgerci del nostro valore.
Quando si e’ in sintonia con sè stessi, quando si è veramente liberi ci si rende conto di aver scritto o detto delle banalità. Il che spiega la sensazione che almeno in questo paese le frequenze sono molto disturbate.
Ciao Ciao.
Gabriella Modica
E se è successo a lui, che dire? è normale? ma poi con quale energia si riprova? o non si riprova più? ci si dedica al giardinaggio o al bricolage? Poi però il tormento di quella pagina non ti lascia neppure se fai giardinaggio e bricolage e allora ci si riprova sperando questa volta di riuscire.
A voi capita? a me si.
Stella