Un breve estratto dal saggio “Come scrivo racconti” del grande scrittore e commediografo inglese W. Somerset Maugham sull’utilizzo del ‘punto di vista’ in prima persona e l’oggettività nella costruzione di una storia:
“La prima persona è solo un trucco per guadagnare verosimiglianza. Con le sue brave controindicazioni. Ad esempio, il lettore stenta a credere che il narratore non sappia già tutto fin dall’inizio, e quando questi lascia parlare qualcun altro, cioè quando riferisce una storia così come gli è stata raccontata, si ha la sensazione che quel poliziotto, o il capitano di quella nave, abbiano un eloquio un po’ troppo sciolto, e al tempo stesso un po’ troppo elaborato. Che bisogna mascherare il più possibile –e quando mascherarli non si può, tanto vale ammetterli apertamente. Il vantaggio della prima persona è che è diretta. Consente allo scrittore di dire solo quello che sa. E se rinuncia all’onniscienza, chi racconta può tranquillamente ammettere di non capire un certo movente, o un certo fatto, conferendo così alla storia una plausibilità che altrimenti le mancherebbe. […]

Maupassant e Cechov facevano di tutto per sembrare oggettivi, e proprio per questo risultano l’esatto contrario: ripensando a loro, mi sono spesso detto che se un autore non riesce a tenersi fuori da una storia, tanto vale che ci si lasci trascinare dentro. Il rischio è solo che ci creda un po’ troppo, finendo per somigliare a quei logorroici che monopolizzano la conversazione. Come tutte le convenzioni, anche questa va dunque usata con cautela”.
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