Franz Kafka: lo scrittore come animale
[…] Finalmente, giunse la liberazione. Era una domenica – il 22 settembre 1912, circa un mese dopo aver conosciuto Felice. Aveva passato il pomeriggio in una tediosa occupazione famigliare; i parenti di suo cognato erano venuti per la prima volta a trovarlo: non aveva mai aperto bocca; e avrebbe voluto urlare dalla noia e dalla disperazione. Dopo cena, verso le dieci, si sedette alla scrivania. Aveva l’intenzione di rappresentare una guerra, un giovane doveva vedere dalla finestra una folla avvicinarsi: quando la penna, quasi a sua insaputa, cominciò a scrivere Il verdetto – una storia di padri e figli, di usurpazioni taciute e di condanna, di crudeltà e di sacrificio, dove si rispecchiava per la prima volta il suo complesso edipico. Quel racconto era scritto con tutte le sue energie: con la mente, l’anima e il corpo. Era un vero e proprio parto, “coperto di lordura e di muco”. Le forze del suo inconscio, che fino allora aveva contenuto e represso, erano venute improvvisamente alla luce, spezzando le barriere che le avevano ostacolate.
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