Un libro non è soltanto “mio” o “tuo”, né rappresenta solo il “mio” contributo alla verità, il “mio” sforzo di ricerca della verità, e la “mia” capacità di realizzazione letteraria. Un libro è un riflesso più o meno diretto, o più o meno contorto, più o meno alterato, della verità obbiettiva, e molto in un libro, anche all’insaputa dello scrittore, specie in un libro mancato, può essere verità rimasta grezza. Nei miei libri successivi io non l’ho ripresa, dunque non l’ho consumata, ed essa è ancora nel vecchio manoscritto come ve la lasciai. Non mi appartiene, eppure appartiene.
A chi appartiene? Alla società alla quale io appartengo; alla generazione alla quale io appartengo. Anche dove sono “mio” e il mio libro è “mio”, dove il mio libro è diventato “realtà letteraria” io appartengo alla mia società e alla mia generazione. Ma dove non sono “mio” e il mio libro non è diventato realtà letteraria (e la mia ricerca di verità non è diventata verità letteraria), un libro è come se fosse stato scritto impersonalmente, da tutti coloro che hanno avuto o conosciuto o comunque sfiorato la mia stessa esperienza, vale a dire è un documento […] .
Gennaio 1948
Questo estratto, datato 1948, è contenuto in “Diario in pubblico”, considerato uno dei capolavori dello scrittore Elio Vittorini, così traboccante di amore per la letteratura e passione civile, ricerca intellettuale e partecipazione sociale.
Rispondi