Scrivere è un percorso di radicale cambiamento dove scoprirete cose nuove di voi e degli altri. Costruirete nuovi mondi e parole che, una dietro l’altra, daranno senso e sostanza al vostro. Ma vostri sono i materiali che utilizzerete e vostre le scelte.

“La vostra storia personale, i vostri incontri, le circostanze della vostra vita. La scelta di ogni singolo giorno e di ogni singolo momento sarà una strada contorta, ma costellata di indicazioni chiare costituite da fatti, immagini e strumenti utili per creare. Siete invitati a un processo che vi aiuta a sviluppare le vostre capacità. Il contenuto spetta a voi. Sarete costantemente sollecitati a viaggiare dentro voi stessi e nei vari spazi tridimensionali che la pagina vi offre, a partecipare all’interazione tra realtà interiore e realtà esteriore.
[…] Scrivere significa essere o diventare un promotore, un iniziatore, l’autore di un ampliamento del mondo e di noi stessi” (Nicki Jackowska).
L’invito a questo viaggio è, nel migliore dei casi, un appuntamento irrinunciabile , che va preso come va presa la vita: con cura, rispetto e devozione.
Essere tuttuno con la propria scrittura e le proprie storie è davvero un ampliamento della vostra vita, e scrivere un’azione di costante scoperta e di messa al mondo di tutto ciò che non è stato ancora detto e concepito.
Vi sembra poco?
Giusto. Ma allora perché la scelta di molti editori cade su storie affatto ampliate e trasfigurate dal proprio sé ma su sterili autobiografie, didascaliche e poco coinvolgenti?
Perché anche in letteratura siamo costretti a questo misero voyerismo collettivo?
Cara Elena,
il problema non è il sé, ma quanto queste forme di autobiografismo dicano qualcosa anche a noi, delle nostre emozioni, delle nostre paure e del nostro comune sentire.
In generale, poi, il ripiegamento sul privato è, ahimé, una caratteristica della nostra cultura e della patologica incapacità di allargare lo sguardo verso altri orizzonti.
La responsabilità degli editori oggi mi sembra non sia quella di fare le scelte sbagliate, ma di pubblicare troppo.
Saluti
Francesco
Ho già frequentato un corso di scrittura creativa con stas garowvsky.un pochino quindi ne conosco la struttura.voi cosa proponete?
Ciao Simone,
conosco Stas Garowski, sia come giornalista letterario che come insegnate e divulgatore. La differenza fondamentale, detto in poche parole, è l’estremo grado di personalizzazione dei corsi (che sono individuali) e il supporto negli obiettivi di scrittura dell’allievo che vengono sostenuti con esercizi pratici focalizzati e mirati al raggiungimento di tali obiettivi.
Comunque, ti ho inviato una email con tutti i dettagli.
Saluti
Francesco Izzo
io consiglio di “salire sulle spalle dei giganti”…. leggere i grandi.
Lavoro alla Luiss writing school per Roberto Cotroneo, gli studenti che hanno letto e leggono molto (classici s’intende) sono quelli che scrivono meglio. Pochi, purtroppo.
Comunque con autobiografismo sterile intendevo proprio non tener conto di chi legge.
Grazie Francesco. ottimi spunti di riflessione.
elena