Natalia Ginzburg: “Io e lui”
Lui ha un grande senso dell’orientamento; io nessuno. Nelle città straniere, dopo un giorno, lui si muove leggero come una farfalla. Io mi sperdo nella mia propria città; devo chiedere indicazioni per ritornare alla mia propria casa. Lui odia chiedere indicazioni; quando andiamo per città sconosciute, in automobile, non vuole che chiediamo indicazioni e mi ordina di guardare la pianta topografica. Io non so guardare le piante topografiche, m’imbroglio su quei cerchiolini rossi, e si arrabbia.
Lui sa comprare, in grande quantità, bicarbonato e aspirina. E’, qualche volta, malato, di suoi misteriosi malesseri; non sa spiegare che cosa si sente; se ne sta a letto per un giorno, tutto ravviluppato nelle lenzuola; non si vede che la sua barba, e la punta del suo naso rosso. Prende allora bicarbonato e aspirina, in dosi da cavallo; e dice che io non lo posso capire, perché io, io sto sempre bene, sono come quei fratacchioni robusti, che si espongono senza pericolo al vento e alle intemperie; e lui invece fine e delicato, sofferente di malattie misteriose. Poi la sera è guarito, e va in cucina a cuocersi le tagliatelle. Era, da ragazzo, bello, magro, esile, non aveva allora la barba, ma lunghi e morbidi baffi; e rassomigliava all’attore Robert Donat. Era così quasi vent’anni fa, quando l’ho conosciuto; e portava, ricordo, certi camiciotti scozzesi, di flanella, eleganti. Mi ha accompagnata, ricordo, una sera, alla pensione dove allora abitavo; abbiamo camminato insieme per via Nazionale. Io mi sentivo già molto vecchia, carica di esperienza e d’errori; e lui mi sembrava un ragazzo, lontano da me mille secoli. Cosa ci siamo detti quella sera, per via Nazionale, non lo so ricordare; niente d’importante, suppongo; era lontana da me mille secoli l’idea che dovessimo diventare, un giorno, marito e moglie. […] Se gli ricordo quell’antica nostra passeggiata per via Nazionale, dice di ricordare, ma io so che mente e non ricorda nulla; e io a volte mi chiedo se eravamo noi, quelle due persone, quasi vent’anni fa per via Nazionale; due persone che hanno conversato così gentilmente, urbanamente, nel sole che tramontava; che hanno parlato forse un po’ di tutto, e di nulla; due amabili conversatori, due giovani intellettuali a passeggio; così giovani, così educati, così distratti, così disposti a dare l’uno dell’altra un giudizio distrattamente benevolo; così disposti a congedarsi l’uno dall’altra per sempre, quel tramonto, a quell’angolo di strada.
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